Rivolta anti-tares, quando la città supera il vuoto della politica

Rivolta anti-tares, quando la città supera il vuoto della politica

Il potere centrale si è arreso a un manipolo di cittadini. Vittoria della democrazia? Non proprio. La protesta di giovedì è solo


Il potere centrale si è arreso a un manipolo di cittadini. Vittoria della democrazia? Non proprio. La protesta di giovedì è solo la punta dell’iceberg

Nella selva di sigle e acronimi dietro cui si nasconde lo Stato gabelliere, la Tares, almeno nella Terra dei Fuochi, ottiene il primato dell’impopolarità. Persino l’Imu impallidisce al confronto, guadagnandone in simpatia al netto di tutte le propagande berlusconiane.

L’odio verso il balzello sui rifiuti è tracimato in rabbia popolare giovedì scorso, quando un drappello di indignados giuglianesi ha preso d’assalto il Comune beccandosi le manganellate della polizia. Il resto è cronaca. I commissari hanno capitolato alla rabbia operaia sospendendo la prima rata dell’indigesto tributo.

Poco importa, poi, che la sommossa sia stata oscurata dai media nazionali. Repubblica Napoli, tanto per citarne uno, gli ha dedicato appena un trafiletto a fondo pagina, preferendogli il saluto di De Magistris ai neo-assunti di Palazzo San Giacomo. Il dato che conta è che una cittadinanza vittima del disastro ambientale, costretta al culmine delle contraddizioni italiche a pagare la Tares più alta del Belpaese, si sia ribellata al decisionismo statalista.  Il potere centrale incarnato dai tre commissari si è arreso a un manipolo di cittadini.

Vittoria della democrazia? Non proprio. La rivolta anti-tares, così come quelle più chiacchierate che hanno messo in subbuglio la Penisola, dai Forconi alla Val di Susa, è solo la punta dell’iceberg. L’iceberg è il vuoto della politica. Se le istanze dei cittadini non trovano uno sbocco istituzionale, il malumore esplode in violenza, creando le premesse di quel ribellismo anarcoide che fornisce la ribalta a masanielli e forcaioli. È quanto successo anche giovedì scorso. È bastato che uno dei delegati scendesse dal Palazzo sfogando nel megafono la propria rabbia per accendere lo scontro.

Uno scontro che senza dubbi ha portato i suoi frutti. Ma, successo a parte, resta l’anomalia che la cittadinanza giuglianese abbia ottenuto una risposta a suon di manganelli. E che soltanto dopo le mazzate in piazza i commissari abbiano deciso di aprire le orecchie. A Giugliano, come nel resto d’Italia, è mai possibile che partiti e sindacati non riescano più a farsi carico delle esigenze della gente? Che la delegittimazione del potere politico sia tale che la violenza diventi l’unico strumento di lotta? Possibile che i canali del dialogo e della diplomazia si siano del tutto interrotti?

Inutile girarci attorno: se il meccanismo inceppato della rappresentanza non tornerà a funzionare, scene come quelle di giovedì, purtroppo, potrebbero diventare l’ordinarietà dei rapporti fra popolo e istituzioni anche nella dormiente città della Mela Annurca. Con buona pace del dialogo e della democrazia.