La storia del superboss “Ciccio ‘e Carlantonio”, dalla guerra ai cutoliani all’Alleanza di Secondigliano

La storia del superboss “Ciccio ‘e Carlantonio”, dalla guerra ai cutoliani all’Alleanza di Secondigliano

Insieme al fratello Peppe e al cugino Feliciano, intraprende la guerra contro i Maisto. Dopo Cutolo, nasce il cartello con i Licciardi


Insieme al fratello Peppe e al cugino Feliciano, intraprende la guerra contro i Maisto. Dopo Cutolo, nasce il cartello con i Licciardi e i Contini. Il primo arresto nel ’92. Riesce ad evadere due volte. 

GIUGLIANO – Francesco Mallardo, meglio noto come “Ciccio ‘e Carlantonio”, boss dell’omonimo clan, nasce a Giugliano il 1 Aprile 1954. Con il fratello Giuseppe e il cugino Feliciano, detto ‘o sfregiato’, formano il triumvirato che controlla le attività criminali a Giugliano, terzo comune della Campania per estensione, il primo non capoluogo più popoloso d’Italia con i suoi 125mila abitanti.

Nel 1967, comincia indirettamente la sua storia criminale quando il padre Domenico, contrabbandiere di sigarette, viene ucciso. Come responsabili dell’omicidio vengono indicati i fratelli Maisto, una famiglia di “guappi” vicini al clan Nuvoletta di Marano. Francesco con il fratello Giuseppe Mallardo intraprende così una sanguinosa guerra contro i Maisto nella quale hanno la meglio. Ciccio compare nel primo rapporto dei carabinieri nell’aprile dell’82, con l’iniziale elenco di affiliati alla Nuova Famiglia (il cartello nato per contrastare la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo). Alla fine della guerra vinta contro i cutoliani, Francesco crea un cartello con Gennaro Licciardi e Eduardo Contini: nasce così l’Alleanza di Secondigliano, che conquista la periferia orientale di Napoli. I tre diventano anche cognati sposando tre sorelle Aieta (la quarta va in sposa al luogotenente di Contini, Patrizio Bosti).

ciccio e carlantonioNel ‘92 il primo arresto, nella mansarda di una palazzina del Parco Nuovo Mondo, in via Campopannone a Giugliano, dove doveva incontrarsi con Licciardi, che viene poi arrestato dopo poche ore. Nel ‘99 la prima evasione dall’ospedale di Giugliano, dove era ricoverato per un infarto che lo aveva colpito nel carcere di massima sicurezza di Parma. Inserito tra i trenta più pericolosi ricercati dalla Direzione centrale della polizia criminale, dopo un anno di latitanza, il 14 aprile 2000, Francesco Mallardo viene nuovamente arrestato in un casolare di campagna mentre è a tavola con altri 12 esponenti dell’Alleanza di Secondigliano. Ciccio ‘e Carlantonio finge un attacco di cuore per evitare l’arresto ma viene comunque catturato dalle forze dell’ordine.

Il 17 ottobre 2002 evade ancora. Questa volta sfugge alle forze dell’ordine durante il ricovero in una clinica di Pinerolo, in provincia di Torino. L’ultimo arresto il 29 agosto 2003, di ritorno dalle vacanze, a bordo di una Fiat Multipla in compagnia della moglie e delle tre figlie, sull’autostrada A30, la Salerno-Caserta. All’alt della polizia, nei pressi dell’uscita di Nola, Mallardo finge prima di obbedire, poi tenta la fuga, fermata dai militari che esplodendo alcuni colpi di pistola riescono a colpire una gomma e a fermare la corsa del superboss. Il 6 dicembre 2006 la Cassazione, su ricorso del Mallardo, dispone la sua scarcerazione per decorrenza dei termini di carcerazione cautelare. Non fa in tempo a uscire che la DIA di Napoli gli notifica un decreto di fermo, con l’accusa del triplice omicidio di Antonio Maisto, Pietro Granata e Raffaele Smarrazzo, uccisi l’11 aprile del 1987, in concorso col fratello Giuseppe – detenuto a Sulmona.

Il padrino sconta nel penitenziario di massima sicurezza “Opera” di Milano nove anni di detenzione al 41bis, il cosiddetto carcere duro riservato a personaggi di una certa pericolosità sociale ma soprattutto perché riconosciuti attraverso sentenze veri capi di sodalizi criminali. Il padrino ha chiuso i suoi processi con severi verdetti di condanna: nel giugno 2009 la Corte di Appello di Napoli gli ha inflitto 19 anni di reclusione, pena poi divenuta definitiva, per il sequestro di Gianluca Grimaldi, rapito il 2 dicembre del 1980 in via Caravaggio a Napoli e rilasciato il 13 agosto dell’anno successivo sull’autostrada Napoli-Reggio Calabria.

Il padrino ha scontato complessivamente ben 34 anni di carcere per diversi reati. A marzo 2014 i giudici del Tribunale di sorveglianza accolgono la richiesta presentata dal suo legale Giampaolo Schettino, disponendo per lui la detenzione ai domiciliari in una località fuori Napoli. Le condizioni di salute di Mallardo sono state ritenute dai magistrati meritevoli di attenzione, anche tenuto conto del fatto che il boss ha già scontato quasi per intero la pena. Mallardo era sottoposto dal novembre 2012 alla misura di sicurezza della casa di lavoro in una struttura a L’Aquila, dopo aver scontato i 9 anni nel penitenziario di Opera in regime di carcere duro. La permanenza nella casa lavoro sarebbe terminata il ad ottobre. Ora, invece, dovrà restarci per un altro anno.