La prima volta dell’Empoli al San Paolo

La prima volta dell’Empoli al San Paolo

Decima giornata del campionato di serie A, stagione 1986-1987. La vittoria valeva due punti. 23 novembre 1986, stadio San Paolo di Napoli,

@Saverio Nappo

Decima giornata del campionato di serie A, stagione 1986-1987. La vittoria valeva due punti. 23 novembre 1986, stadio San Paolo di Napoli, Fuorigrotta, pianeta Terra. Sull’ultima informazione nutro ancora qualche dubbio. Il Napoli non era più solo un’idea di riscatto ancorata al passato, né tantomeno era un’emozione marginale legata a qualche rituale quartierano. Diego c’aveva messo due stagioni per organizzare la presa d’Italia, studiando ogni centimetro quadro della nazione calcistica. Ma non solo. Nei suoi primi due anni a Napoli, Diego capì quello che c’era da capire, seppe quello che c’era da sapere. Crebbe in lui un credo, uno scopo, un obiettivo da raggiungere a tutti i costi, in qualsiasi modo. Napoli doveva vincere. E vinse. A modo suo.

Diego in azione contro l'Empoli, 1986
Diego in azione contro l’Empoli, 1986

Il 23 novembre del 1986, a Fuorigrotta arrivò per la sua prima volta un’altra squadra con i colori molto simili a quelli del Napoli. Si giocò il primo Napoli-Empoli della storia. I toscani scesero a fare barricate, a giocare di contropiede. Ma qualche giorno prima, il 9 novembre 1986, ci fu il sorpasso, la prima breccia nel muro, per dirla alla Roger Waters. Il Napoli espugnò il Comunale di Torino, rifilando tre palloni alla Juventus di Platinì. A casa sua. Quell’1-3 volle dire  “sorpasso”, sulla Juve, sull’Italia razzista, sui detrattori, sugli scettici. In un Roma-Napoli finito 1-1, della stagione 84-85, un giornalista di fede romanista cercò di colpire in contropiede Maradona con un velenoso “ma lei non crede di essere sprecato, per una squadra dalle ambizioni così limitate?”. Diego stava ancora studiando la storia calcistica e sociale di questo paese, ma quella domanda gli fece capire molte cose. Gli rispose che non gliene importava, che ci avrebbe pensato lui a fare grande il Napoli. Così fece, due anni dopo.

MAradona in allenamento, 1984
MAradona in allenamento, 1984

La prima dell’Empoli al “Catino” concise con la partita della conferma del primato, la dichiarazione ufficiale di guerra al potere bianconero, al dominio degli Agnelli sul calcio. Nulla a che vedere con i toscani che, loro malgrado, si trovarono al posto sbagliato al momento sbagliatissimo. Per un’inedita comunione d’intenti, la partita sarebbe stata trasmessa in diretta mondiale. Tutti erano super eccitati, in campo. Diego su tutti. Come si poteva deludere Donna Tota che stava guardando la partita in Tv da Villa Fiorito, sobborgo di Buenos Aires? Impossibile. La partita si giocò ad una porta sola. Finì 4-0. Maradona, Carnevale, Carnevale, Bagni. Fu la conferma altisonante del primato conquistato al Comunale di Torino. Forse gli passò per la testa quell’intervista nel dopo gara di Roma-Napoli dell’84-85 o forse non la dimenticò mai, fatto sta che disse ai microfoni collegati col mondo intero per una sera:”mi sento veramente orgoglioso di essere il capitano del Napoli“. La vendetta per quella domanda al sapor di scherno fu servita fredda, due anni dopo. Fu la partita che fece capire a tutta l’Italia calcistica che Diego era pronto a prendersi tutto. E così fece.