Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior

Il post partita al veleno rischia di allontanare l’attenzione da quello su cui si può lavorare. Nasce, quindi, l’esigenza di tornare al calcio, archiviando rapidamente quanto accaduto allo Stadium, magari facendo tesoro dagli errori commessi

@Saverio Nappo

NAPOLI – Voglio essere subito chiaro: ho dovuto contare ben oltre il fatidico ‘10’ per riuscire ad analizzare la semifinale dello Stadium in maniera oggettiva. A occhio e croce ho smesso di contare qualche ora fa, in tutta franchezza. Mi sono detto che c’è sempre qualcosa da imparare, c’è utilità anche nella caciara risaputa che segue le sfide di cartello, c’è del buono in ogni cosa. Mi è subito venuta in mente ‘Via del Campo’ di Fabrizio De Andrè: «Ama e ridi se amor risponde/piangi forte se non ti sente/dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior/dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior». È nella mia testa da qualche ora, la canticchio, la fischietto mentre il nervosismo sfuma, lasciando spazio all’obiettività. Bevo un sorso di caffè appena fatto per aiutarmi a mandar giù il boccone amaro e, con esso, gli strascichi veritieri o melodrammatici legati all’arbitraggio purtroppo scadente del Signor Paolo Valeri, della sezione di Roma2. Deglutito l’amaro resta il vuoto intellettuale ed emotivo da colmare, ciò che dia un senso a ciò che è stato.

Duello tra Callejon e Chiellini

«E ti sembra di andar lontano/lei ti guarda con un sorriso/non credevi che il paradiso/fosse solo lì al primo piano», continuo a canticchiare tra me e me o, forse, sto solo immaginando la mia voce che canta queste parole. Il Napoli è vittima della paura di diventare grandi che, come consuetudine nelle ultimissime uscite dei bianco azzurri, si manifesta puntuale nei secondi tempi. Cala vertiginosamente il livello di concentrazione degli uomini chiave, principalmente quelli che compongono la linea difensiva e quelli che fanno parte del dispositivo che dovrebbe garantire l’inviolabilità della propria porta. Non è così semplice, non è semplice descriverlo a parole figuriamoci con i movimenti giusti inseriti in contesti estremamente ostici. Come lo Stadium, a volte come il San Paolo, come il luogo nel quale si scontrano i pensieri e le coscienze. Nasce, allora, la smania di sapere che una soluzione, una cura, esiste e può essere applicata qui e subito. Non dagli appassionati, né dai tifosi, né tantomeno dai giornalisti – onesti intellettualmente o meno – ma dal tecnico. Esiste la paura di diventare grandi – letame – e deve essere curata, trasformandola i consapevolezza e granitiche certezze – fiori –.

Probabilmente, quella di ieri. è la sua doppietta più contestata di sempre

«Via del Campo ci va un illuso/a pregarla di maritare/a vederla salir le scale/fino a quando il balcone ha chiuso», il Sole è alto e filtra attraverso le lenti scure dei miei occhiali. Da dove nasce questa sensazione di disagio che mi stringe la gola e non mi fa respirare? Cosa posso fare? Capire, questa è l’unica cosa che credo sia utile fare. Capire che l’aspettativa nasce da proclami societari scanditi ad intervalli più o meno regolari nel corso degli anni ma puntualmente, in sostanza, disattesi. Bisogna essere abili a livellare il terreno dopo la tempesta, prepararlo in modo che resista alle prossime piogge torrenziali e sia pronto in tempo per la fioritura. Sperare, fortemente, che i fiori migliori crescano negli anni, abbellendo quello che un tempo non era un terreno e che non aveva più nemmeno un nome. Allora, forse, è da qui che nasce questa sensazione che somiglia ad un pugno nello stomaco: guardo il campo pronto per la fioritura e vedo i fiori venduti al mercato troppo in fretta, sul più bello.

Zielinski e Diawara, al termine della gara: non un’immagine a caso

«Ama e ridi se amor risponde/piangi forte se non ti sente/dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior», fumo la mia sigaretta con abbondanti boccate, soffiando, poi, in alto la nuvola di fumo assieme ai miei pensieri peggiori. Il primo tempo dello Stadium ha mostrato un buon Napoli, ordinato, calmo, concreto. Il secondo tempo ha mostrato una Juventus capace di cambiare pelle e di approfittare delle paure del Napoli – di cui sopra – amplificate dalle decisioni discutibili di chi era il garante dell’equità. Equità, equilibrio, come quello ammirato nel corso del primo tempo, dal quale sento la necessità di ripartire. Sorrido. Come se in campo potessi andarci io, come se in campo potessero andarci appassionati, tifosi o giornalisti (onesti intellettualmente e non). In campo ci vanno i giocatori ed è sui loro errori che si costruiscono correzioni, è sulle loro sconfitte che si costruiscono vittorie. Sento il bisogno di liberarmi dal peso dei pareri scintillanti come diamanti ma che, alla fine non servono a niente. Aveva ragione De André: «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».