La ricostruzione silenziosa del calcio totale

La ricostruzione silenziosa del calcio totale

La seria A sembra aver fatto un passo in avanti sul piano del gioco e nell’interpretazione del calcio. Il Napoli di Sarri , a detta di molti, compreso Arrigo Sacchi, si conferma essere il precursore di un rinnovamento del concetto di ‘calcio totale’

@Saverio Nappo

Esponenti del calcio totale a colloquio

NAPOLI – Che Maurizio Sarri e Arrigo Sacchi si stimino e, in ogni intervista post gara, diano vita a veri e propri spot al gioco del calcio non è assolutamente un caso. Lontano dalla concezione del tempo e di luogo/contesto, Sacchi rivede in Maurizio la sua immagine riflessa, con le stesse idee e, forse, con qualche acciacco in meno. Durante i loro confronti fugaci e in parte casuali, sembra di osservare un flusso di coscienza, come quelli che ognuno di noi affronta ogni mattina guardandosi allo specchio, ripassando in rassegna i propri ricordi e la lista della spesa da fare. Il calcio italiano andava alla deriva pericolosamente e velocemente. Il punto più basso, raggiunto negli anni che vanno tra il 2008 e il 2011 col processo ‘Calciopoli’, ha indubbiamente allontanato una larga fetta di appassionati, perdendo appeal e credibilità. La lenta risalita della serie A era attesa come una giornata di Sole dopo la pioggia torrenziale. Ebbene il Sole ora splende alto, asciuga le pozze d’acqua impantanate, anche i prati verdi incastrati tra le tribune d’Italia sembrano più verdi e rigogliosi.

Partita n. 203, goal n. 40 con la maglia del Napoli

Tralasciando le esperienze disastrose delle squadre che occupano la parte bassa della classifica, la buona parte delle squadre di serie A sono finalmente riconoscibili. L’identità è più o meno chiara e ognuna di queste piazze offre all’appassionato la sua dose di appagamento.  Le genovesi – anche il Genoa, prima dell’ennesimo supermarket calcistico improvvisato da Preziosi – offrivano due interessanti applicazioni dello stesso calcio-esperimento: il 4-3-3 proteso alla costruzione dal basso. La viola di Sousa – le difficoltà dell’ultimo peridio sono associabili a più fattori, molti dei quali lontani dall’applicazione della sua idea di calcio – e il Toro di Mihajlović capaci di ottimizzare le carte del loro mazzo, senza mai allontanarsi dalle loro idee di calcio propositivo e ‘ampio’. Stesso discorso vale per l’Atalanta del Gasp e il Milan di Montella, letteralmente inventori di stabilità ed identità, al netto delle possibilità. L’Inter di Pioli e la Lazio di Inzaghi, posizionate immediatamente a ridosso delle tre big, rappresentano esattamente le posizioni che occupano, ad un passo dal ‘salto di qualità’, culle di progetti calcistici interessanti e concreti. È una serie A che si riconosce in un calcio che è realmente giocato, ragionato, ottimizzato. Il campo viene coperto con coerenza e la costruzione del gioco è in cima agli obiettivi di ognuna di queste squadre, ancor prima della ‘mera vittoria’.

Lo stesso Allegri è stato in grado di contenere la smania di vittorie, aumentata esponenzialmente dopo la faraonica campagna acquisti della scorsa estate, per convogliare le attenzioni verso una diversa e più moderna concezione del calcio attraverso le coordinate ‘spazio-velocità-ampiezza’. Anche la Roma di Spalletti sta costruendo le sue certezze su un 4-3-3 verticale. Del resto, come non sfruttare l’anno d’oro del ritrovato Dzeko, costruendo quantitativamente e qualitativamente la manovra per rifornire la punta centrale in modalità, per così dire, “Higuain-36 goal”? Ebbene, lo studio del calcio suddiviso in fasi – possesso e non possesso, attacco e difesa – è una inequivocabile dichiarazione di intenti: il ‘caso’ è infruttifero, il gioco è l’unica strada per arrivare ai risultati, la costruzione letterale del gioco è l’unico modo per crescere realmente, al di là dei concetti di ‘vittorie, pareggi e sconfitte’. Forse è proprio per questo che Arrigo Sacchi sembra trattenere a fatica il sorriso quando il suo interlocutore è Maurizio Sarri. In questa Italia calcistica che sembra riprendere la sua corsa verso il futuro, verso l’evoluzione, l’allenatore del Napoli è esattamente l’esponente di riferimento di quello che potremmo definire un “movimento anti-nostalgico futurista” del calcio.

Nella sfida di domenica contro il Crotone (3-0), il Napoli di Sarri ha fissato un (altro) record stagionale: al novantesimo, gli azzurri hanno totalizzato l’81% di possesso palla. Il dato non è da trascurare, anzi è da analizzare contestualizzandolo. Se contro il Palermo (1-1) la percentuale del possesso palla si avvicinava a questo record, il risultato non diede ragione ai bianco azzurri per un motivo semplice che, poi, è la sostanziale differenza che dimostra il netto miglioramento delle capacità ‘mentali’ di questa squadra: il possesso è sterile solo quando è parte di un contesto caotico e fine a se stesso. Contro il Crotone, sotto il sole che sembrava quello di maggio, l’undici di mister Sarri è stato in grado di controllare innanzi tutto se stesso, spostando l’inerzia della partita sul binario giusto. I numeri del Crotone e quelli del Palermo (il paragone tra le partite al San Paolo di queste squadre non è casuale) sono simili ma sono quelli del Napoli ad essere notevolmente migliorati. L’accuratezza dei passaggi, orizzontali e verticali, si è attestata su una media del 91%, (86% contro il Palermo). È migliorata la precisione al tiro e la propensione alla conclusione – 7 conclusioni su 16 nello specchio della porta, compresi i goal, contro il Crotone – e, soprattutto, è migliorata la capacità di ‘fare breccia nel muro’ delle squadre che rinunciano a giocare – 11 occasioni goal create con soli 28 cross da ambo le fasce – attaccando centralmente. Emblematico è questo lancio (sopra) preciso di Jorginho per Insigne al minuto 69, dal quale nasce il terzo goal che chiude, di fatto, la partita: calma, intelletto, lucidità, ordine.

Il Napoli sta imparando, sta crescendo e lo sta facendo velocemente. Sta imparando dai propri errori, traendo utilità dalle sconfitte e dai pareggi, dai propri errori. La propensione al possesso del gioco per possedere le partite è l’obiettivo primario di questa squadra talentuosa e giovanissima, così come dichiarato più volte dallo stesso Maurizio Sarri. In molti si aspettavano un calo di concentrazione dovuto ai saliscendi emozionali, dal Real Madrid al Crotone in meno di una settimana. Ho sempre creduto che la definizione di ‘calcio totale’ non si riferisse solo ad aspetti che riguardassero il gioco in campo. È innegabile che questo Napoli stia migliorando velocemente la tenuta psicologica delle partite, il che vuol dire ‘calma, intelletto, lucidità, ordine’. Come l’assist di Jorginho o, magari, come questa giocata di Marek Hamsik (sopra), al minuto 68 del secondo tempo, dal quale nasce, qualche secondo dopo, la giocata di Jorginho per Insigne. Paolo Sorrentino, in un suo film, ci dice che «il calcio è un gioco e non è per persone tristi»: il possesso, il controllo, nel calcio come in tutte le cose, generano tranquillità e appagamento. Una persona appagata e tranquilla è incline al miglioramento di se stessa o al mantenimento del suo status all’interno del contesto totale. Il calcio totale, appunto.