Una ruota avara di meraviglie

Una ruota avara di meraviglie

Poche emozioni nel nuovo film di Woody Allen. Solo la Winslet si salva dal naufragio


Con La ruota delle meraviglie Woody Allen è riuscito nell’ardua impresa di riabilitare Café Society. L’ultimo lavoro del genietto di Manhattan in quanto a noia e banalità supera di gran lunga il precedente. Ma nella nave che affonda stavolta il regista non è solo. Ci si mette anche il direttore della fotografia, quel Vittorio Storaro che con i suoi giochi di luce gentili aveva tenuto a galla il film del 2016. L’eccessivo investimento sull’impatto visivo stavolta si è dimostrato controproducente. Delegare alla fotografia la responsabilità di andare in soccorso, a seconda dei casi, del piattume della sceneggiatura e della debolezza dei dialoghi è risultato quasi confessorio. E a volte persino irritante. Intendiamoci, parliamo di due mostri sacri che hanno fatto la storia del cinema e che proprio per questo continuano a tenere alta l’asticella dell’interesse e delle aspettative, ma ci sentiamo di dire che in questo caso il sodalizio artistico non ha prodotto gli esiti sperati.

La storia è ambientata negli anni Cinquanta a Coney Island. All’interno di un parco giochi vive una famiglia in cui si addensano i problemi più disparati e disperati: alcolismo, insoddisfazione professionale, carenze affettive e manie incendiarie. A complicare le cose, il ritorno dopo cinque anni di Carolina (Juno Temple), la figlia avuta dal capo famiglia Humpty (Jim Belushi) in una precedente relazione e che cerca asilo presso il genitore perché in pericolo di vita – il marito gangster la sta facendo cercare per insubordinazione. L’arrivo della ragazza nella famiglia rivoluzionerà diversamente le vite dei protagonisti. In positivo per il padre Humpty, che riscoprirà nei confronti della figlia un affetto e una premura insospettabili; e in negativo per Ginny (Kate Winslet), che vedrà la relazione extraconiugale con il bagnino Michey (Justin Timberlake), ormai suo unico motivo per vivere, messa a dura prova.

In questo quadro melodrammatico imprigionato da una fotografia prevaricatrice, l’unica possibilità di evasione è rappresentata dall’intensità recitativa di Kate Winslet, che, si sa, se l’è sempre cavata piuttosto bene in quanto a naufragi.