Covid, quando la paura di uscire ti costringe a casa: la sindrome della Capanna o del Prigioniero

Covid, quando la paura di uscire ti costringe a casa: la sindrome della Capanna o del Prigioniero

Si tratta di una condizione psicologica caratterizzata da ansia e paura che limita ogni spostamento del paziente


Sempre più persone, alla fine del lockdown, della quarantena fiduciaria o dopo aver contratto il virus, cominciano a sviluppare una serie di disturbi psicologici, che sebbene si siano negativizzati o nemmeno abbiano contratto il Coronavirus, cominciano ad avere difficoltà a gestire la vita quotidiana e soprattutto i rapporti con gli altri. In queste persone si instaura quelle che viene definita Sindrome della Capanna o del Prigioniero.

Ma in cosa consiste?

Si tratta di una condizione psicologica caratterizzata da ansia e paura, in particolar modo paura di uscire, di incontrare altre persone, di tornare alla normalità e ai ritmi lavorativi di sempre. Può interessare tutte le fasce d’età, dai bambini agli anziani ed è caratteristica proprio la sensazione di angoscia al pensiero di uscire da un ambiente confinato e sicuro, come quello della propria abitazione. Questa sindrome provoca un disorientamento eccessivo dovuto all’idea di riprendere contatto con il mondo esterno e, quindi, include la paura di poter contrarre il virus ma anche la paura di riammalarsi, il timore di contagiare i propri cari, la convinzione di non ritrovare più il mondo che si conosceva prima.

I sintomi più comuni sono:

  • episodi di irritabilità;
  • tristezza, paura, angoscia;
  • difficoltà ad alzarsi al mattino, senso di stanchezza generale, bisogno di riposare spesso;
  • difficoltà di concentrazione e di memoria;
  • demotivazione.

Per calarci nuovamente nella quotidianità è importante un adeguato stile comportamentale: un atteggiamento proattivo è limitare la sovraesposizione mediatica, in quanto sapere di più non corrisponde ad essere più consapevoli ma anzi, essere più esposti alla paura.

Ricominciamo a piccoli passi: una volta spenta la tv, dedichiamoci ai nostri hobby come leggere, parlare, cucinare, curare le piante, occuparci degli animali domestici, contattare parenti e amici. Un valido aiuto può essere anche programmare la propria giornata, dando al cervello ad una nuova routine e soprattutto riducendo i tempi di riposo.

La parola giusta è assistenza, fatevi aiutare dalle persone care, aiuterà ad attenuare la paura ed il terrore di aprire la porta di casa o a percepire di meno l’ansia.

Cerchiamo, infine, di uscire di tanto in tanto, anche solo per fare la spesa. Ma diamo tempo al tempo: non imponiamoci di uscire se non ne abbiamo voglia. Domani, sicuramente, saremo più motivati e sicuri nel farlo.

E infine cerchiamo di trasformare in positivo quanto è accaduto. Il lungo isolamento, sicuramente, ha fatto riflettere sul senso della vita e sul valore dei rapporti umani rispetto alla dimensione del superfluo.

E se proprio non riusciamo a gestire il tutto da soli, è sempre bene affidarsi ad uno specialista per evitare la cronicizzazione di alcune percezioni e di supportare la preparazione delle persone al momento della ripresa.

Giovanna RiccardiDOTT.SSA GIOVANNA RICCARDI

Farmacista, Biologa, Nutrizionista

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