Focus Napoli – Spezia. Gli azzurri domano “la bestia nera”con Raspadori. Finalmente la parola fine al tabù ligure

Focus Napoli – Spezia. Gli azzurri domano “la bestia nera”con Raspadori. Finalmente la parola fine al tabù ligure

Al terzo tentativo, il Napoli riesce nell'”impresa” di battere lo Spezia tra le mura del Maradona. Agli azzurri occorrono ottantotto minuti per avere ragione di uno Spezia roccioso ed ordinato. Raspadori ruba la scena, segnando a due minuti dalla fine il suo primo, pesantissimo gol in maglia azzurra, regalando ai suoi tre punti per riprendere, almeno per un giorno, la testa della classifica.


NAPOLI – Come al luna park, quando alla bancarella del tiro al bersaglio si spendevano fior di soldi per vincere il premio più allettante, quello che, furbamente, il proprietario della bancarella “proteggeva” con un asse di legno alle sue spalle per impedire che cadesse sotto i colpi del fucile a pompa. Così sembrava il Napoli – Spezia di questo pomeriggio: i tre punti in palio, il premio più prezioso; i calciatori azzurri imprecisi con i loro “fucili a pompa”, imprecisi e frenetici alla ricerca di quel bersaglio che non andava mai giù. Un’ossessione, il terzo stop casalingo contro lo Spezia (stavolta con un pareggio) ed il secondo consecutivo in campionato dopo il pari contro il Lecce. Già pronti gli indici puntati contro Spalletti e sui ragazzi, straordinari contro il Liverpool ma incapaci di venire a capo di una squadra modesta ma bene organizzata come lo Spezia di Gotti.

Polemiche spente sul nascere, perchè il colpo da tre punti di Raspadori, che a pochi secondi dal novantesimo trova il colpo che fa saltare il banco, rompe l’equilibrio tenuto insieme da un filo sottilissimo ma altrettanto resistente, costituito dalla roccaforte ligure, che ha tremato e mai caduta per ottantotto minuti. E gli azzurri si ritrovano, almeno per il momento soli in testa alla classifica.

Difficile eleggere il migliore tra gli azzurri: nessuno è riuscito a emergere più degli altri e a distinguersi nettamente. Si potrebbe pensare, ovviamente a Raspadori (6,5), che trova l’acuto vincente sul finale di partita. Una partita, per lui, difficile vista la difficoltà nel trovare, più che la posizione, la giusta sintonia con i compagni di reparto. Come centravanti non ha il peso e la fisicità di Osimhen ma, in compenso, ha quel tasso tecnico che esibisce a fasi alterne. Spalletti punta fa all-in su di lui, tenendolo il campo per tutta la partita, sacrificando uno stanco Kvaratshkelia e spostandolo sulla sinistra. Tira in porta in più di una circostanza ma la frenesia lo tradisce, ma ha il pregio di avere la lucidità necessaria a piazzare quel pallone, messo in mezzo da Lozano e svirgolato da Gaetano, alle spalle dell’impenetrabile Dragowski. Dall’anonimato all’essere protagonista basta un attimo. Lui, coglie quello giusto.

Per Juan Jesus (6,5) era l’esordio stagionale ed il centrale, buono per ogni turnover, non fa rimpiangere Kim, lasciato in panchina in virtù della rotazioni ordinate da Spalletti. Il pupillo del mister non lascia passare niente e nessuno, arginando senza grossi problemi Nzola, lo spauracchio di giornata che, invece, viene “ammorbidito”, in prima battuta, dal brasiliano, che non gli lascia mai spazio di manovra. Dall’autogol della scorsa stagione alla buona prestazione di oggi: dalle stalle alle stelle.

Non a livelli sontuosi come contro il Liverpool, ma Kvaratshkelia (6,5) resta il pericolo pubblico numero uno per chi deve affrontare il Napoli. Oggi il georgiano non segna ma per almeno un tempo è l’unico che riesce a creare pericoli verso la porta di Dragowski, o direttamente, cercando spesso la conclusione, o indirettamente, mettendo in condizione un compagno meglio piazzato di battere a rete. Dalle sue parti Ampadu e Holm soffrono il georgiano più del caldo. Spalletti lo toglie dal campo dopo un’ora abbondante, quando il calo fisico è vistoso, ma altrettanto giustificato, data l’enorme mole di gioco che Kvara riesce a produrre, quasi sempre da solo.

Si fa rispettare in mezzo al campo Zambo Anguissa (6,5), che nel muscolare centrocampo a tre, con Elmas a sinistra, Ndombele vertice basso, occupa con profitto il ruolo di interno destro. Dei tre mediani è quello che tocca e distribuisce più palloni, fungendo come il Lobotka di circostanza, non avendone le geometrie ma sicuramente, rispetto allo slovacco, quegli strappi palla al piede che allo Spezia fanno male. Va anche vicino al gol, ma Dragowski si oppone a quello che sarebbe stato il suo secondo gol consecutivo, il primo in campionato. Cala alla distanza, anche lui provato dalla stanchezza, dopo la sontuosa prestazione di Champions, dalla calura pomeridiana e dal dispendio di energie che non ha mancato di versare anche oggi.

Insieme a Juan Jesus erge una barriera quasi impenetrabile contro la povertà, dello Spezia, di idee in attacco: Rrahmani (6,5)  porta a casa l’ennesima prestazione più che convincente, nella quale non soffre la flebile onda d’urto dello Spezia, quasi mai presente in area di rigore, ed è anche bravo e reattivo nell’unica vera occasione creata dai liguri, o per meglio dire, da Mario Rui che, con il retropassaggio suicida di testa, quasi manda in rete Kiwior, con il pallone opportunamente spazzato via dal kosovaro. Sempre più padrone del suo ruolo e sicuro dei suoi mezzi.

Se i centrali difensivi rappresentano una sicurezza, le due corsie laterali non lo sono altrettanto. Di Lorenzo (6) gioca una partita senza infamia e senza lode, una partita che per altri calciatori potrebbe essere più che sufficiente, ma per lui non è altro che l’onesto compitino di un umile mestierante. Il problema è che il capitano ci ha abituato bene a suon di prestazioni altisonanti e quella di oggi, che non è una partita negativa, è una di quelle nella quale va refertata la solita abnegazione, la spinta offensiva senza mai, però, l’aggiunta del “quid” che fa la differenza. C’è stanchezza, giustificata dall’onnipresenza e dal turnover dal quale non viene mai toccato, se non in condizioni estreme. Gli tocca arginare le discese di Reca e l’intraprendenza di Gyasi, due tra i migliori della squadra di Gotti, cavandosela con l’esperienza ed il supporto di Zambo Anguissa che lo “scherma” con puntualità.

Dall’altro lato, Mario Rui (5,5) quasi combina un disastro, alleggerendo verso Meret un pallone facile da gestire, trasformandolo in un quasi-gol dello Spezia. Une pecca clamorosa a corredo di una partita senza grosse annotazioni: c’è sicuramente più alchimia con Kvaratshkelia, con il quale il fraseggio è ora più frequente, scambiandosi spesso di posizione, con il portoghese più dentro al campo, con Kvara molto più largo a sinistra. Sarebbe stata una partita onesta se non fosse stata per quella disattenzione quasi fatale, confermando che, attualmente, nella linea difensiva, è l’anello più debole del reparto.

Reattivo quanto basta, Meret (6,5) porta a casa un’altra prestazione senza appunti a suo carico. Contro uno Spezia votato alla fase difensiva, il lavoro da sbrigare non è eccessivo, ma nell’unico tiro pericoloso, di Gyasi, ci mette il guantone e toglie dall’angolo il gol del vantaggio, confermando la sua bravura in mezzo ai pali. Rapido anche quando Mario Rui decide di fare movida dalle sue parti con l’insensato retropassaggio di testa, cercando, nelle sue possibilità, di chiudere quanta più porzione di porta a Kiwior, impedendogli la comoda conclusione a rete. Per il resto, qualche buona uscita alta ed un pallone, arrivatogli dalle retrovie, controllato con qualche patema d’animo, visti i precedenti.

Nell’insolito centrocampo a tre schierato da Spalletti, trova posto come vertice basso Ndombele (5,5), schierato come vice-Lobotka. Il francese compie qualche piccolo passo in avanti sotto il profilo fisico, ma ancora c’è da lavorare su quello tattico, nel quale, almeno oggi, è difficile capire quale siano stati i compiti assegnatigli da Spalletti. Per la copertura, spesso e volentieri ci pensava Zambo Anguissa, colui che, tra i tre mediani, si prendeva le responsabilità di impostare l’azione, di portare palla o di raddoppiare la marcatura; Elmas era invece l’uomo delegato per gli inserimenti senza palla e dunque, a lui cosa rimane da fare? Per il momento accumula minutaggio, cercando di recuperare la condizione ottimale.

La condizione che cerca di raggiungere Politano (5,5) a cui manca sempre il centesimo per fare l’Euro. Alterna cose buone ad altre meno buone, soprattutto quando s’interstardisce nel voler tentare il tiro in porta che, puntualmente, sbatte in faccia all’avversario. Ennesima partita da eterno incompiuto, che almeno può giovarsi di una concorrenza tutt’altro che spietata come quella di Lozano (5,5), incapace di trovare la sufficienza nonostante sia l’artefice del gol di Raspadori, fornendo l’assist che Getano svirgola. Prima, riesce a sbagliare, di testa, a porta quasi vuota, un gol che, probabilmente gli sarebbe stato annullato su un fuorigioco di partenza di Zielinski; poi ne sbaglia un altro, a porta completamente vuota, non approfittando di un’uscita a vuoto di Dragowski.

Parlando di calciatori incompiuti, non dimentichiamo Elmas (5,5) anche oggi protagonista di una gara in chiaro-scuro. Si accende ad intermittenza, ma non riesce mai ad essere decisivo. Porta qualche buon pallone, un paio di giocate personali interessanti, buone nelle intenzioni, meno nella resa. Ci mette tanta corsa e generosità ma, con il passare dei minuti, si perde nel marasma generale e nella confusione tattica dovuto al tentativo estremo di prendere di forza i tre punti. Tentativo riuscito, ma del macedone non ci sono grossi meriti.

Neppure per Zielinski (5,5), ritornato ai suoi livelli standard dopo l’exploit contro il Liverpool. Spalletti si affida a lui per scardinare la difesa spezina che, col passare dei minuti assapora il terzo sgambetto di fila casalingo al Napoli; il polacco non fa nulla per farli ricredere se non nelle poche intuizioni di cui si rende protagonista. Difficile emergere, questo va detto, dovendo giocare una ventina di metri più dietro rispetto al solito, dovendo affiancare il solo Lobotka, rimasto unico filtro, nel finale, tra attacco e difesa. Lo slovacco (6) appunto, entra a metà ripresa nel tentativo di ripristinare un ordine tattico che andava via via scomparendo, ma con alterne fortune. Nel confusionario 4-1-4-1 che sembra prendere forma nel finale è l’unico frangiflutti ma non sempre riesce ad intromettersi nella manovra dello Spezia che, nel finale, ha molti più spazi per ripartire, fortunatamente poco e mal sfruttati, ma nella costruzione di gioco il direttore d’orchestra è sempre lui, dal cui piede parte l’azione del gol.

A Simeone (5) non riesce l’impresa di mercoledì, di segnare al primo pallone toccato. Anzi, di palloni ne tocca troppo pochi per essere davvero pericoloso. Si perde nella confusione generale, in una di quelle partite che possono essere la svolta per un giocatore. Con Osimhen ai box, può e deve fare di più per conquistare la titolarità in sua assenza, ma con gli spazi (pochi) concessi dallo Spezia sarebbe stato difficile anche per il nigeriano. Non va meglio a Gaetano (5), carta della disperazione di Spalletti pur di portare a casa i tre punti. L’ex-Cremonese non riesce mai ad entrare in partita ma, paradosalmente, poteva diventarne il protagonista, se non avesse lisciato clamorosamente il pallone di Lozano, che poi Raspadori traduce nel gol partita. Anche per lui, vale il discorso fatto per Simeone: per chi, come lui, non avrà grosso minutaggio, ogni occasione deve essere quella della vita e quella di oggi è sfumata.

Spalletti (6,5) legge bene le difficoltà fisiche della squadra, togliendo Kvaratshkelia non appena il georgiano va in apnea, rinunciando anche al dinamismo di Anguissa, rischiando il tutto per tutto con una formazione ultra offensiva. Ha ragione a tenere in campo Raspadori, cambiandogli ruolo ma, a trovare il pelo nell’uovo, il centrocampo tutto fisico e corsa Elmas-Ndombele-Zambo non funziona perchè la mancanza del fosforo di Lobotka è essenziale. Il turnover funziona meglio rispetto al Lecce ma non al meglio come si vorrebbe. Urge una soluzione tattica per ricoprire la perdita di Osimhen: Raspadori e Simeone devono ancora integrarsi al meglio con i compagni e con il sistema di gioco. Questione di tempo. Speriamo.

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