Focus Liverpool – Napoli. Doveva pur succedere, ma la prima sconfitta è indolore: azzurri agli ottavi come primi del girone

Focus Liverpool – Napoli. Doveva pur succedere, ma la prima sconfitta è indolore: azzurri agli ottavi come primi del girone

Arriva la prima sconfitta stagionale per il Napoli, che deve arrendersi al Liverpool solo nel finale, pagando caro due disattenzioni da calcio da fermo, dalle quali nascono i due gol, praticamente identici, dei Reds. Prima Salah, poi Nunez, con due facili tap-in fissano il 2-0 con cui gli inglesi battono gli azzurri ma che non basta per superarli in classifica. Il Napoli passa agli ottavi come prima classificata, il Liverpool come seconda.


LIVERPOOL – Se doveva succedere, meglio sia accaduto stasera, quando la sconfitta (dallo scarto consentito) sarebbe stata ininfluente. Il filotto di vittorie consecutive si ferma a tredici, con fermata ad Anfield, dove gli azzurri lasciano solo i tre punti ma non il primo posto del Gruppo A. Sarebbe stato ingiusto per quanto il Napoli ha dimostrato nel corso delle prime cinque partite giocate ma anche per quanto visto stasera.

La squadra di Spalletti esce a testa altissima da Liverpool poichè la sconfitta, maturata solo negli ultimi minuti, è figlia di errori individuali dettati dalla consapevolezza di una qualificazione ormai in cassaforte, mai in discussione neppure dopo l’uno-due dei Reds, che riescono a segnare solo nei minuti finali, prima con Salah, poi con Nunez, in due gol praticamente identici, nati su azioni da calcio d’angolo. Troppo tardi per una rimonta che avrebbe avuto dell’incredibile, per quanto fatto vedere dal Napoli che non ha assolutamente meritato la sconfitta ma, al contrario, uscendo a testa altissima da un campo dal quale, quasi sempre, si esce con le ossa rotte.

E il Napoli ne esce rafforzato, perchè a Liverpool non scende in campo con mentalità svagata di chi sa di poter contare su due risultati e mezzo su tre per poter blindare il primo posto, ma con la voglia di fare calcio senza smarrire la propria identità, al cospetto di una squadra, in stato di allarme giallo visti gli ultimi deludenti risultati, che resta tra le top d’Europa e comunque, ricordiamolo sempre, vice campioni uscenti.

La squadra c’è e dimostra anche una più che buona tenuta atletica, che permette agli azzurri di controbattere le offensive del Liverpool, che gioca a ritmi altissimi, associando al vigore fisico tipicamente britannico veloci trame di gioco che, il Napoli è stato bravo a disinnescare con una fase difensiva particamente perfetta fino al minuto ottantasei, ovvero al gol di Salah. Prima dell’episodio che va refertato come “isolato”, il quartetto difensivo azzurro, pilotato da Meret (6,5), che toglie dalla porta le “zuccate” di Nunez e van Dijk, ma non può nulla sui tap-in di Salah e lo stesso Nunez, non ha mai ceduto il passo. Ostigard (6,5) è stato il pilastro difensivo sul quale poggiavano tutte le sicurezze dei partenopei. Piedi ruvidi, quelli del norvegese, dai quali partono spesso aperture di gioco forzate ed imprecise, dettate dalla libertà d’azione che, volontariamente, i Red gli concedevano; di testa, al contrario, non ce n’è stato per nessuno, sia nella propria area che in quella avversaria, dove quasi replicava al gol contro i Rangers: solo una questione di millimetri nega la gioia del gol al norvegese ed il meritato vantaggio del Napoli, ma una spalla “fuori posto” viene decretata in off-side dal VAR. Kim (5,5) si accomoda un gradino sotto nella scala di rendimento di serata: il sudcoreano è stato quasi perfetto fino ai gol del Liverpool, allorquando è il primo a staccare la spina della concentrazione, restando praticamente immobile in occasione del vantaggio inglese, saltando fuori tempo sul gol del raddoppio. Al netto degli episodi, il centrale sarebbe stato tra i migliori, ma gli errori ci sono, e sono pesanti.

Bene la corsia esterna, presidiata da Olivera (6,5), che aveva il non agevole compito di bloccare Salah. L’uruguagio se la cava più che decorosamente, perdendo qualche colpo solo sul finale di gara, nel quale l’egiziano gli scappa qualche volta di troppo. Nel complesso, l’assenza di Mario Rui viene pienamente compensata dal laterale che, stasera, gioca più di quantità che di qualità. Stesso discorso per Di Lorenzo (6), più arroccato del solito per contenere l’esuberanza di Jones e la spinta di Tsimikas, dunque rinunciando alle scorribande cui siamo abituati in campionato.

Alti e bassi in zona mediana, nella quale ha brillato la solita luce di Lobotka (7) che, appena ha potuto liberarsi della morsa di Fabinho ha preso in mano le redini della squadra, che attraversato il suo momento di massimo fulgore fin quando lo slovacco è rimasto in campo, sgusciando attraverso le voraci maglie rosse pronte a fermarlo, ma che mai riuscivano grazie all’agilità nelle movenze e alla notevole velocità di scarico del pallone. E in condizioni di estrema difficoltà, il ricorso all’esperienza, raccogliendo falli preziosi a destra e a manca, è diventato fondamentale. Non è una coincidenza che alla sua uscita la squadra si disunisce. Non è stato di grande impatto, al contrario, il centrocampo tutto nerbo e muscoli ordito da Spalletti per contrastare i portatori di palla del Liverpool. Zambo Anguissa (5,5) non è ancora al 100% della condizione e stasera si è visto in più di un’occasione arrivare secondo sul pallone oppure veleggiare a vuoto, restando in una forma di anonimato, per lui desueta, per tutta la sua partita, dove non si annotano eventi trascendentali nè in qualità di filtro mediano, ma neppure come incursore.
Qualcosa in più la fa vedere Ndombele (6) che, almeno, si presenta al tiro con una certa pericolosità e cercando di aiutare Kvaratshkelia che, sulla sua corsia ha almeno un paio di uomini volti al suo controllo. Piccoli passi in avanti, ma neppure stasera il francese ha fatto strabuzzare gli occhi. Elmas (sv) non ha dato chissà cosa alla causa, mentre Zielinski (5,5) entra per tenere in gioco Nunez sul gol del raddoppio, mentre dalla metà campo in su non si vede mai.

In attacco brilla la solita stella georgiana. Kvaratshkelia (6,5) è di gran lunga l’elemento più pericoloso dell’attacco azzurro, anche se non appariscente come lo è stato contro il Sassuolo. Ma Kvicha mette subito in chiaro ad Alexander Arnold che, per lui, sarà un’altra partita difficile e glielo dimostra con un paio di giocate che il terzino della nazionale inglese fatica a metabolizzare. Per il resto, Kvara dribbla, passa e tira in porta, creando, praticamente da solo, tutta la produzione offensiva del Napoli. Dal suo piede nasce il gol di Ostigard, poi annullato dal VAR e un’altra potenziale occasione, con un sinistro che Alisson si ritrova addosso. Al suo posto Raspadori (sv) che prova l’eurogol ma la mira non gli va bene.

Sull’altro versante, brilla molto di meno la stella di Politano (5,5), quasi sempre isolato sull’out di destra, poco coadiuvato dalla cosiddetta “catena”, le cui interconnessioni (Di Lorenzo-Zambo) funzionano poco e male. Lui, che potrebbe attingere al suo pur discreto bagaglio tecnico per aumentare il livello di pericolosità, suo e del Napoli, ma stasera non è la sua sera ed àè il primo sacrificato di Spalletti sull’altare del turnover, sperando che Lozano (5), al suo posto, riesca a metterci quella verve necessaria a creare qualche crepa nelle sicurezze di Tsimikas. Niente di tutto questo: il messicano entra in campo svogliato e della sua partita davvero c’è poco da segnalare se non una certa inadeguatezza, soprattutto sotto il profilo fisico, della sua prestazione.

Maluccio anche Osimhen (5,5), da cui si attendevano conferme dopo il boom contro il Sassuolo, purtroppo disattese. Il nigeriano combatte su ogni pallone ma esce nettamente sconfitto sul piano fisico contro van Dijk e Konate. In particolar modo, il centravanti azzurro soffre il centrale olandese, che gli impedisce ogni movimento che possa innescare un potenziale pericolo, ricorrendo alle buone, con anticipi netti e puliti e alle cattive, giocando spesso di braccia e gomiti, restando ai limiti della regolarità. Poco presente al tiro, male assistito, non gli arrivano palloni giocabili, è vero; come è vero che mai una volta lui detti una linea di passaggio in profondità per allungare il Liverpool e creare spazi nel quale far inserire le ali e le mezze ali. Serata non negativissima, ma che testimonia quanto, il numero nove, abbia ancora da lavorare per essere fondamentale in partite di questo livello. Al suo posto Simeone (sv) che forse non tocca neppure un pallone.

Sufficienza per Spalletti (6) che disegna un Napoli molto vicino alla formazione-tipo, rinunciando a Mario Rui e Zielinski dall’inizio. La squadra tiene bene il campo e psicologicamente non sembra risentire del fatto di essere già qualificati per gli ottavi e della prossima, importantissima, partita di campionato, contro l’Atalanta; elementi che avrebbero potuto facilmente abbassare la soglia d’attenzione. Che accade a cinque minuti dalla fine, a giochi pressochè fatti e che inducono il mister ad alcune sostituzioni sembrano giungere un po’ tardive. In questo caso, il turnover andava gestito meglio. Per il resto, un buon Napoli che, con qualche accortenza in più, avrebbe evitato la sconfitta anche ad Anfield Road ma, tutto considerato, va bene anche così.

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