Napoli, “mio figlio ha la polmonite” ma in realtà era febbre: donna minaccia infermiera al Santobono

Napoli, “mio figlio ha la polmonite” ma in realtà era febbre: donna minaccia infermiera al Santobono

“Il pediatra – racconta la vittima – avrebbe dovuto visitare il bambino correttamente anzichè mandarlo direttamente da noi fomentando in tal modo le ansie della madre e dei parenti”


NAPOLI – Ancora un’aggressione al personale sanitario negli ospedali napoletani. Tra ASL Napoli1 e Napoli2 si tratta infatti della 27esima volta, da inizio anno, in cui accade un episodio del genere. Questa volta è successo all’ospedale Pediatrico del Santobono. A raccontare la vicenda, riportata dalla pagina “Nessuno Tocchi Ippocrate”, è un’infermiera che lavora nella stessa struttura.

“Erano le 18 e 30 di ieri – dice – quando una donna arriva come secondo accesso al nostro pronto soccorso nel giro di circa 3 giorni, la prima volta viene dimessa con diagnosi di gastroenterite e va a casa con una cura da dover fare, ieri giunge inviata dal pediatra di famiglia che, senza visitare il bambino, al telefono prescrive una radiografia del torace perché il bambino aveva la tosse. La signora viene inviata dal pediatra di famiglia con diagnosi di polmonite e per ricovero urgente (senza nessuna carta scritta ma tutto fatto telefonicamente). Registro il bambino, prendo i parametri vitali i quali erano perfetti, valuto il bambino e somministro paracetamolo perché riscontro rialzo termico, febbre!
Comunico alla signora il codice colore, in questo caso verde, le spiego che nel referto della radiografia non parla di polmonite e che il pediatra doveva visitare quantomeno il bambino prima di inviarlo da noi senza fare diagnosi telefoniche e che l’attesa era di almeno 2 ore salvo codici prioritari (c’erano 32 bambini in attesa). La signora contrariata dal codice colore perché pretendeva l’accesso immediato si accomoda borbottando, subentrano gli altri mille parenti che la incoraggiano e la fomentano e qui inizia l’aggressione e iniziano le minacce. La signora si è sentita in dovere di minacciare di morte e di minacciare di aggressione fisica. Queste le sue parole: ‘ti aspetto qua fuori e ti uccido, rompo il vetro e ti spacco la faccia’. Viene allertata la polizia – prosegue il racconto – che giunge sul posto nel giro di 10 minuti circa, la signora viene visitata dalla dottoressa con la presenza degli agenti.
Si è dunque proceduto con la denuncia d’ufficio.
Siamo stanchi – è il grido di dolore dell’infermiera – stanchi di lavorare così, stanchi di non essere tutelati da nessuno e di non essere rispettati. Siamo professionisti, vogliamo svolgere il nostro lavoro in maniera professionale ma così non ci viene permesso di farlo.
Chiediamo ancora una volta di essere tutelati, chiediamo per l’ennesima volta la presenza di un drappello della polizia di pomeriggio e notte, chiediamo ancora una volta di essere rispettati!
Ogni giorno siamo costretti a lavorare così, a breve scapperemo tutti e non rimarrà più nessuno a lavorare e a salvare vite. Siamo stanchi perché viene usato il pronto soccorso in maniera impropria, non è un centro commerciale ma bensì un luogo in cui si deve andare se c’è urgenza o necessità imminente di cure. Esistono i pediatri di famiglia che hanno l’obbligo di visitare il bambino anche se ha la febbre e non inviarlo in maniera impropria in pronto soccorso spaventando il genitore che riversa le sue paure e le sue ansie su di noi trasformandole in aggressioni. Siamo stanchi!”.