Focus Napoli – Salernitana. Dia annulla il primo Scudetto-match. Sogno infranto a sei minuti dal traguardo

Focus Napoli – Salernitana. Dia annulla il primo Scudetto-match. Sogno infranto a sei minuti dal traguardo

Gli azzurri falliscono il primo appuntamento con lo Scudetto, non riuscendo ad approfittare dello stop della Lazio al Meazza, facendosi sbarrare il passo dalla tenace Salernitana, brava e fortunata a strappare un pareggio al Maradona nell’unica vera occasione creata. Il capolavoro di Dià, a sei minuti dalla fine, rovina la festa ormai ad un passo dopo il colpo di testa di Olivera, che ha sbloccato il risultato. Azzurri adesso ad Udine per chiudere definitivamente i conti e festeggiare il terzo Scudetto.


NAPOLI – A sei minuti dal sogno, rimandato adesso alla trasferta di Udine, dove il Napoli si giocherà il secondo championship-point, dopo aver sprecato la più golosa delle opportunità lasciandosi incastrare sul pareggio dalla Salernitana, brava a non arrendersi e a non farsi travolgere dall’entusiasmo del momento, trovando un insperato pareggio con il capolavoro balistico di Dià che, dopo aver dribblato Osimhen con un tunnel, scarica un sinistro imparabile alla destra di Meret, gelando un’intera città che stava già assaporando il gusto del terzo tricolore.

Con un groppo in gola e tanta delusione, il gremito pubblico del Maradona non aspettava altro che il triplice fischio di Marcenaro per dar via i festeggiamenti dopo trentatrè anni di astinenza da Scudetto, ma una sagace Salernitana, troppo frivolamente deputata a recitare il ruolo di chi avrebbe dovuto assistere passivamente alla festa-Scudetto, ha invece giocato la sua buona partita, di sofferenza, di sacrificio e di cinismo, sfruttando l’unica occasione, che Dià crea dal nulla, per rovinare la festa a Napoli intera.

Va detto che buona parte della responsabilità di questo pareggio va imputato al Napoli, troppo sprecone davanti alla porta granata, che ha potuto giovarsi dei servigi del solito eccellente Ochoa che, contro le grandi squadre si esalta diventando il vero uomo in più di questa squadra che scendeva a Napoli forte di una striscia positva di otto risultati utili e che al Maradona centra il nono, ponendo un mattone decisivo verso una salvezza decisamente meritata, grazie anche all’ottimo lavoro di Paulo Sousa che, riesce a frenare l’impeto partenopeo organizzando la squadra secondo quei criteri che il Napoli ha mostrato soffrire soprattutto nelle ultime partite. Pessima la gestione del vantaggio da parte degli azzurri che dopo aver sbloccato la partita con il colpo di testa vincente di Olivera, riesce a sbagliare almeno tre-quattro ottime palle-gol per raddoppiare e mettere in cassaforte partita e Scudetto, ma evidentemente agli azzurri il vincere facile non è gradito.

Come contro il Milan, nel triplo scontro campionato-Champions ed in casa contro l’Hellas, anche contro la Salernitana il Napoli ha patito l’ermeticità della difesa avversaria ben racchiusa a guscio tra area di rigore e tre-quarti di campo. I granata non attaccano praticamenta mai, consapevoli di lasciare la quasi totalità del possesso palla al Napoli ma riducendo al minimo gli spiragli utili nei quali gli azzurri possono infilarsi e far male. Osimhen non può, da solo, farsi carico dell’intero peso dell’attacco e come in un deja-vu degli ultimi incontri, il centravanti nigeriano è costretto a fronteggiare un intero plotone di difensori avversari, cercando di capitalizzare il poco che arriva dalle sue parti, sporattutto nel primo tempo, quando l’arrocco granata, ermetico e granitico, concede davvero poco e l’unico squillo di tromba di Victor è un perentorio stacco di testa che trova in Ochoa l’ultimo, insuperabile baluardo.

Non il miglior Osimhen, forse non ancora completamente recuperato dall’infortunio dal auqla è stato frettolosamente recuperato, ma sicuramente stanco nonostante la sua imponente struttura fisica, nel giocare a sportellate contro uno-due ed anche tre difensori avversari dove è complicato anche provare ad azionare le marce lunghe, impossibilitato dalle muraglie costruite ad hoc per fermarne la prorompenza. Stanco anche Kvara che ci prova, ci mette l’impegno ma non riesce ad essere incisivo nelle giocate individuali e nella finalizzazione sotto rete come qualche mese fa costretto, come il collega Osimhen a confrontarsi sistematicamente contro due avversari per volta; difficile anche per un funambolo come il georgiano estrarre, ogni volta, il coniglio dal cilindro, ma sarebbe stato più che lecito aspettarsi qualcosa di più nelle due occasioni che Khvicha ha sui piedi, con il Napoli in vantaggio, di raddoppiare e chiudere la contesa. Lungi dal mettere sotto l’occhio della critica uno come Kvara, uno dei principali protagonisti di questa galoppata memorabile che, nel pareggio di oggi, trova solamente un intoppo sul percorso che troverà il suo completamento nelle prossime partite, ma è altrettanto innegabile quanto questo Kvara sia segnato dal logorio di una seconda parte di stagione che lo visto titolare fisso da Gennaio ad oggi, senza soste, con realtivo dispendio di energie e freschezza fisica e mentale.

In altre circostanze la scarsa vena dell’attacco azzurro, che segna pochissimo nelle ultime partite, avrebbe costituito un piccolo problema, un segnale di crisi; non oggi, con una squadra che può godersi un distacco abnorme sulla prima inseguitrice e che deve porsi come unico quesito sul quando e dove si vincerà questo Scudetto. Semplicemente si cerca di analizzare le cause che hanno portato a questo pareggio deludente solo per aver spostato sul calendario la data del terzo tricolore. Resta il fatto che la squadra di Spalletti è una squadra, oggi, molto prevedibile perchè troppo incentrata sull’estro di Kvicha e la potenza di Osimhen, lasciando in secondo piano quelle che potrebbero essere ulteriori risorse dal quale si potrebbe attingere. leggasi Lozano e Zielinski, ma che invece confermano il loro status di calciatori dall’identità ondivaga. Il messicano parte bene sulla destra ma a lungo andare risulta inconcludente ai fini della manovra offensiva; peggio ancora il polacco, timido come sempre, poco appariscente e mai pericoloso. La conferma di un rendimento poco performante lo si ha quando Spalletti toglie entrambi dal campo, puntando sulla frizzantezza di Elmas e Raspadori. Sarà una coincidenza che il gol del Napoli arriva dopo un paio di minuti dal loro ingresso in campo? Può darsi o può darsi che la stanchezza dei calciatori della Salernitana abbia contribuito ad amplificare la frequenza del forcing azzurro che, dal quel momento in avanti, ha iniziato un’altra partita nella quale ha creato e sprecato numerose occasioni per chiudere il match.

Lo stesso Elmas, Kvara e Lobotka non hanno capitalizzato le loro chance, il colpo del K.O ad una buona Salernitana piegata solo dal colpo di testa di Olivera, su angolo di Raspadori. L’uruguagio sarebbe potuto essere il terzo uomo-Scudetto della storia, dopo Carnevale e Baroni ma l’onore, probabilmente spetterà ad un suo collega. Della partita del terzino, ormai detentore del ruolo di terzino titolare Mario Rui, intoccabile fino a poche settimane fa, oltre al potenzialmente storico gol c’è anche tanta sostanza sull’out mancino, zona inscritta dal raggio d’azione di Dià. Anche in questo caso, non è una coincidenza che, all’uscita delle uruguagio, il Napoli prende gol proprio da quella zona di campo. Prima del gol, la squadra di Paulo Sousa, poi espulso, non aveva creato grossi grattacapi al Napoli e si è ritrovato con un punto in tasca con la rammarico, addirittura, di non aver sfruttato un’altra buona palla gol con Bohinen, ma sarebbe stato francamente troppo.

Segnaliamo la prova di quelli che, probabilmente, sono stati i migliori in campo in maglia azzurra: i “soliti” Kim e Lobotka. Lo slovacco stavolta non deve macinare chilometri per seminare il suo controllore di giornata: Sousa chiede ai suoi di appiattirsi e dunque di lasciare spazio al playmaker azzurro che, da par suo, fa scorrere il pallone da sinistra e destra con sufficiente velocità e precisione, riservandosi anche qualche ottima chiusura difensiva. Kim non deve sudare più di tanto per arginare gli sterili tentativi offensivi dei granata, motivazione per cui il gigante sudcoreano lascia spesso la sua zona di competenza per offrire una valida alternativa alla prevedibilità dell’attacco azzurro.

Nonostante l’ardore ed il grande impegno del sucoreano, e di tutta la squadra, il muro della Salernitana regge e si porta a casa un punticino di platino per cementare una salvezza che, giornata dopo giornata, prende sempre più corpo e sostanza. Per il Napoli l’amaro in bocca di non poter festeggiare lo Scudetto davanti ai suoi tifosi, preparati ormai da giorni al grande evento, con l’acquolina in bocca dopo aver saputo della sconfitta della Lazio a Milano, elemento fondamentale per poter vincere ed ufficializzare aritmeticamente il tricolore, ma costretti, al contrario, all’attesa del turno infrasettimanale, nel quale gli azzurri saranno di scena alla Dacia Arena di Udine, contro una squadra ormai salva da mesi e senza ambizioni di classifica. Manca poco per stappare lo champagne in onore a questa grande squadra che ha dominato il campionato; non sarà certo il pareggio di oggi a macchiarne il giudizio, ma il popolo napoletano è ormai impaziente, pronto a gioire dopo trentatre anni di astinenza, tra chi avuto la fortuna di partecipare ai primi due scudetti e chi, soprattutto, ha iniziato a seguire il Napoli tra gli stenti degli anni del fallimento e della rinascita attraverso i campetti di periferia di Serie C, il purgatorio della B e la lenta crescita che porterà al coronamento del sogno.

 

I voti: Meret (6); Di Lorenzo (6); Rrahmani (6); Kim (6,5); Olivera (7); Zambo Anguissa (6); Lobotka (6,5); Zielinski (5); Lozano (5,5); Osimhen (5,5); Kvaratshkelia (5,5).

Dalla panchina: Elmas (6); Raspadori (6); Ndombele (sv); Juan Jesus (sv); Simeone (sv)

Il mister: Spalletti (6)

 

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