Focus Napoli – Verona. Con il Milan nella testa, la capolista non sfonda il muro scaligero. Al Maradona pareggio a reti bianche

Focus Napoli – Verona. Con il Milan nella testa, la capolista non sfonda il muro scaligero. Al Maradona pareggio a reti bianche

In attesa del big-match di Champions, il Napoli si lascia distrarre e non riesce ad andare oltre uno sbiadito pareggio a reti bianche contro un Verona ben organizzato che sfiora il colpo grosso nel finale. Nel Napoli rientra Osimhen, che colpisce una traversa clamorosa, unico vero pericolo portato dagli azzurri alla porta di Montipo’. Il turnover non funziona, ma neppure l’innesto dei big, a partita in corso, inverte la tendenza. Si rivedono in campo Demme e Zedadka.


NAPOLI – Contro il Verona in campo, ma con il Milan in testa. In poche parole, la sintesi perfetta di questo anticipo della giornata numero trenta che, per la sua “particolare” collocazione nel calendario assume un’importanza minore ed una cassa di risonanza sicuramente meno amplificata in proporzione alla posizione di classifica del Napoli e del raggiungimento dei suoi obiettivi. Con il Verona c’erano pur sempre tre punti in palio e lo Scudetto, anche se a pochi passi, è ancora un traguardo da raggiungere attraverso una vittoria contro la squadra scaligera guidata da Zaffaroni, scesa al Maradona per giocarsi le sue ultime carte nel raggiungimento del suo obiettivo stagionale, una salvezza insperata fino a qualche settimana fa, ma adesso traguardo più concreto, a causa di un crollo repentino di almeno tre-quattro squadre (leggasi Lecce-Empoli e Spezia), autrici di una buona prima parte di torneo, ma un mezzo disastro nella seconda.

Lecito, pertanto, per gli scaligeri provare a fare il colpaccio al Maradona, contro un Napoli distratto dal pensiero della rimonta di Champions contro il Milan e fortemente rimaneggiata dal robusto turnover a cui ricorre Spalletti per far osservare a chi ha giocato mercoledì e che giocherà Martedì prossimo di rifiatare e recuperare una parte delle tante energie spese da inizio anno, durante il quale poche volte, anzi quasi mai, Spalletti ha ruotato e dosato le risorse a sua disposizione. C’è da registrare il rientro, almeno dalla panchina, di Osimhen reduce da due settimane di sosta forzata, ma che sono sembrati due mesi, per una squadra che non sapeva di essere così inconsapevolmente dipendente dalle qualità del suo uomo di punta.

Ed è proprio per queste motivazioni, i timori di vedere un Napoli remissivo e troppo concentrato a Martedì diventano realtà, con il pareggio a reti bianche che premiano un Verona che si difende con ordine per tutta la partita e che, da vittima sacrificale che sulla carta doveva essere, può recriminare con sé stessa per la monumentale occasione non sfruttata da Ngonge il quale, solo davanti a Meret si divora un gol già fatto, con una conclusione ancora poco definibile. Sarebbe stata una beffa per il Napoli, comunque un bruttissimo Napoli ma che non avrebbe meritato la sconfitta. Troppo poco quanto mostrato dalla banda-Spalletti, che si accende solo nell’ultima parte di gara, quando il mister mette in campo l’artiglieria pesante nell’intento di scardinare l’attenta e concentrata difesa scaligera. Come da previsione Osimhen entra in campo a metà ripresa, forse una manciata prima di quanto Spalletti avrebbe voluto, ma l’esigenza di fare risultato ha imposto la presenza del nigeriano, che con la sua sola presenza cambia volto alla squadra, troppo sonnecchiante, (non) apprezzata fino a quel momento. La traversa, quasi spaccata dal centravanti rappresenta l’unico vero squillo di tromba della squadra azzurra, mai così involuta e triste da guardare come in questo piovoso pomeriggio di Aprile. Poco Napoli, perché il turnover ha il potere di far riposare i titolari ma in panchina ci finisce anche tanta qualità, che chi scende in campo non riesce a garantire.

Fa piacere rivedere in campo uno come Demme, che come vice-Lobotka cerca di fare quanto nelle sue possibilità, ma appare immediatamente evidente quanta differenza passi tra un Napoli guidato dal faro slovacco e quello di stasera, dall’italo-tedesco, forse troppo poco considerato da Spalletti e che, anche in altre circostanze sarebbe potuto tornare utile alla causa. In attacco, Raspadori non ha inciso come si sperava, appesantito dalla ruggine accumulata in tanti mesi di panchina e un infortunio non ancora totalmente smaltito: l’ex Sassuolo ha cercato di muoversi in mezzo al traffico, dettando qualche buon movimento ma poco seguito dai suoi partner d’attacco, per l’occasione Lozano, tornato a sinistra per l’occasione e Politano a destra. Ecco, se Raspadori piange, i due laterali non ridono, poiché neppure la loro prestazione è da stropicciarsi gli occhi.

Dunque, esperimento fallito in attacco dove senza Osimhen la via della rete resta un miraggio: in questa (fortunatamente) breve parentesi orfana del bomber nigeriano, il Napoli è andato a bersaglio due volte, a Lecce, un’autorete ed un gol di Di Lorenzo. Pochissimo, se pensiamo alla macchina da gol che il Napoli era prima di quella maledetta sosta per le nazionali. Appunto, il capitano, ancora una volta forse l’unico a salvarsi nell’oceano di mediocrità di oggi pomeriggio, con l’ennesima prova gagliarda, nel quale si distingue molto di più per la sua pericolosità in avanti che per il (poco) lavoro che c’era da sbrigare nelle retrovie. Forse andava preservato anche lui in vista del ritorno di Champions, ma qualcuno dovrebbe avvisare il mister della presenza in rosa di tale Bartosz Bereszinsky, terzino destro polacco, prelevato a Gennaio dalla Sampdoria, le cui tracce si sono perse dopo l’infausta gara di coppa Italia contro la Cremonese. Naturalmente, nessuno pensa che il polacco possa rappresentare una valida alternativa quanto Giovanni, ma almeno solo un’alternativa, quello forse si. Si è visto in campo persino Zedadka, ma il polacco proprio no.

Non certo un cambio da perdersi il sonno, sia chiaro, ma si cercava, in questa partita, di preservare quanti più titolari in vista del big-match di Martedì, come avvenuto nello strano caso di Ndombele, probabilmente schierato in campo oggi se Zambo non fosse stato espulso al Meazzae dunque toccato dal turnover: Tanguy oggi non è stato sollecitato neppure per un minuto, lasciando presagire un suo innesto nell’undici che cercherà l’impresa alla ricerca della semifinale. Zambo, chiamato agli straordinari si rende protagonista della sua ormai consueta gara tra alti e bassi; buone giocate miste ad altre nelle quasi si fatica a capirne il senso. La presenza c’è, la gamba meno, ma il vero Zambo si è fermato allo scorso Novembre; quello di oggi è un buon centrocampista che non riesce ad andare oltre al compitino ed è qualcosa che fa rabbia, perché uno come Zambo può essere un fattore importante come ha saputo dimostrare di esserlo in maglia azzurra.
Insieme al camerunense e al già citato Demme, Elmas ha composto la mediana a tre nello scacchiere di Spalletti senza particolari squilli di tromba, lui che di solito è l’anima mai doma di questa squadra, l’emblema di moto perpetuo, è apparso meno brillante rispetto ai suoi standard.

Anche in difesa non si registrano grossi scossoni, al netto della clamorosa occasione lasciata a Ngonge sul finale, la coppia Kim-Juan Jesus non ha avuto grossi problemi contro la fisicità di Gaich prima e Djuric dopo; qualche grattacapo in più lo ha creato Lasagna, con le sue partenze da destra puntando verso il centro: Olivera ha dovuto attendere qualche minuto prima di prendergli le misure e renderlo innocuo, ma l’italo-australiano è l’unico che costringe l’altrimenti inoperoso Meret all’utilizzo dei guantoni.

Il pareggio è, alla fine, il risultato più giusto ma resta l’amaro in bocca per due punti lasciati per strada anche se il distacco sulla Lazio resta più che rassicurante. Dopo il Milan, il Napoli sarà atteso allo Stadium, contro una Juventus lanciatissima in campionato ed in coppa, ma con tante spade di Damocle giudiziarie pendenti sulla testa. In settimana si saprà del ricorso al Consiglio di Garanzia del CONI e si saprà se gli azzurri dovranno affrontare una squadra che rincorre la zona-Champions o che si vedrà restituiti i quindici punti che le furono tolti proprio dopo la cinquina inferta dagli azzurri nell’incontro di andata. Ad ogni modo, la corsa allo Scudetto continua, anche se con qualche inceppamento; se tutto ciò dovesse servire per ottenere la semifinale di Champions, ben venga pazientare qualche settimana per i festeggiamenti, altrimenti, testa bassa e lotta con il coltello tra i denti in queste ultime nove partite, perché nulla ci sarà regalato.

 

I voti: Meret (6); Di Lorenzo (6,5); Kim (6); Juan Jesus (6); Olivera (6); Zambo Anguissa (6); Demme (5,5); Elmas (5,5); Politano (5); Lozano (5); Raspadori (5,5).

Dalla panchina: Osimhen (6,5); Kvaratshkelia (5); Zielinski (5,5); Lobotka (6); Zedadka (sv)

Il mister: Spalletti (6)

 

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