Focus Bologna – Napoli. Fermati a undici metri dal traguardo. Osimhen sbaglia e azzurri a secco al Dall’Ara

Focus Bologna – Napoli. Fermati a undici metri dal traguardo. Osimhen sbaglia e azzurri a secco al Dall’Ara

Non si sblocca il Napoli, nuovamente bloccato sul pareggio dal Bologna. Al Dall’Ara gli azzurri non vanno oltre lo 0-0 finale. Partenopei sfortunati e spreconi che vedono Osimhen sfortunato protagonista: palo nel primo tempo per il nigeriano; calcio di rigore sbagliato nel secondo. Buona la prima da titolare per Natan. Azzurri adesso a sette punti dall’Inter capolista.


BOLOGNA – Non ci siamo ancora. Il Napoli lascia a Bologna due punti e tanti rimpianti per le occasioni propizie non sfruttate. Pareggio senza reti al Dall’Ara, con gli azzurri che si fermano a undici metri dal traguardo: il penalty che Osimhen scarica sui cartelloni pubblicitari a venti minuti dalla fine sono il manifesto perfetto del periodo ancora torbido che la squadra di Garcia sta attraversando. Un risultato che sta stretto ai campioni d’Italia, che costruiscono e creano molto più di un Bologna, indubbiamente ben disposto in campo ma poco altro, ma non riescono, ancora una volta nel piazzare il colpo decisivo. Diversamente da Braga, non vi è stato l’episodio decisivo che sposta gli equilibri, o meglio, c’è stato, a metà ripresa, ma Osimhen ha calciato a lato un rigore che, chissà, avrebbe indirizzato la partita verso lidi più congeniali agli azzurri.

Così non è stato ed il Napoli si trova, adesso a sette punti dall’Inter capolista che non perde un colpo, che riesce a vincere anche partite “sporche” come quella di Empoli, una mazzata psicologica non di poco conto dopo sole cinque partite di campionato. Siamo solo all’inizio, è vero, ma la sensazione, dopo quanto visto a Bologna è di una squadra ancora alla ricerca di se stessa, che ha fatto vedere comunque qualche progresso dopo le opache prestazioni contro Lazio, Genoa e, in parte, Braga, ma che deve ancora assorbire i dettami tattici di Garcia, senza nulla togliere ad un buon Bologna, bravo a disporsi in campo in modo da ammortizzare le folate offensive di un Napoli che l’impegno ce lo mette, che esercita un buon predominio territoriale dando la sensazione di poter piazzare il colpo decisivo ma che, al contrario, sul più bello s’inceppa.

E se il Napoli non segna, il riferimento, inevitabilmente, cade su Osimhen. Premessa che non nessuno vuol buttare la croce addosso ad un attaccante che pochi mesi fa era uno dei cecchini più infallibili d’Europa, ma oggi, è evidente quanto Victor stia vivendo un periodo di appannamento: per un attaccante come lui, segnare è come respirare e se non lo fa con regolarità iniziano i problemi. Poi ci si mette la sostituzione di Garcia, che il centravanti non prende con filosofia. Anzi, al momento dell’uscita, nervoso più che mai, “suggerisce” a Garcia la soluzione tattica che, a suo parere, sarebbe stata più consona alla circostanza. “Due”, il segno delle dita, come a dire a Garcia “mettine uno vicino a me, ma non togliermi”, il manifesto della solitudine di cui Victor sembra soffrire, solo soletto, la davanti. E’ uno dei mali recenti del Napoli, a voler ben vedere, e Osimhen forse tutti i torti non ce l’ha, ma guai a mettere in discussione la leadership tecnica del tuo mister, così perentoriamente. Il rispetto dei ruoli e delle persone, prima di tutto.

Osimhen troppo solo, poco servito, poco sollecitato ma chiamato spesso in causa quando c’è da far battaglia contro le arcigne difese avversarie, che se ne guardano bene a lasciargli spazio per partire in profondità. Anche oggi, il nigeriano ha dovuto sgobbare contro un ottimo Lucumì, che quasi mai gli ha concesso di puntare verso Skorupski. Quando c’è stata opportunità, il guantone di Skorupski e il palo alla sua destra sono stati un’avvisaglia di un’altra giornata non positiva per il numero nove azzurro. Un lampo iniziale, poi tanto movimento alla ricerca di spazi che non c’erano e di passaggi che difficilmente lo mettevano in condizione di far male, nonostante la presenza in campo di tanti piedi buoni e capaci di creare presupposti importanti. Poi il penalty sbagliato, un “piattone” aperto troppo, quando sarebbe bastato centrare la porta, con Skorupski completamente spiazzatato. Un errore che fa pandant con il gol grossolanamente sbagliato a Braga, altra testimonianza dello scarso feeling che intercorre tra Victor e il gol. Un momento che passerà, ma nel frattempo la squadra e Garcia devono trovare alternative in zona gol, perchè non è mica detto che debba segnare sempre e solo Osimhen. Così come non è una legge non scritta l’intoccabilità del nigeriano, che in determinate circostanze, può anche essere sostituito senza gridare allo scandalo o alla lesa maestà, allorquando in panchina c’è chi può sostituirlo, sicuramente non garantendo la stessa efficienza sul medio-lungo periodo, ma sul breve-brevissimo periodo magari si o altrimenti il concetto di panchina lunga (e valida) resta un astratto e vuoto riempitivo (scusate l’ossimoro) di bocche e titoli di giornale.

Neanche il resto degli attaccanti brilla, ad onor del vero. Qualche cenno di risveglio da parte di Kvarashkelia c’è stato. Indubbiamente molto più “dentro” la partita, il georgiano ha più volte cercato il dribbling e soprattutto il tiro in porta. Anche sfortunato dopo il palo di Osimhen, con il pallone che gli carambola sul piede troppo velocemente per permettergli un comodo tap-in a porta vuota. Rispetto ad altre partite, va anche aggiunto che il Bologna ha concesso in più di una circostanza l’uno-contro-uno al georgiano che un paio di spunti li ha trovati, tra cui quello che genera il calcio di rigore, ma siamo ancora lontani dai livelli che sappiamo Kvara può raggiungere. La mancanza del gol è evidente, per chi come lui non segna dalla trasferta di Torino (sponda granata) su rigore e contro l’Atalanta, su azione, in quello straordinario slalom tra i difensori orobici. Oggi è un altro Kvara, che gioca con quella rabbia, quel nervosismo che lo porta spesso a forzare la giocata, creando situazioni pericolose ma sbagliando anche qualche pallone di troppo. Anche per lui scatta la sostituzione dopo tre quarti di gara, ma Elmas in sua vece ha poche occasioni per farsi vedere. La netta sensazione è che il Napoli per intero si spenga dopo il rigore sbagliato da Osimhen, come una sorta di rassegnazione, nella speranza di un altro episodio che nel finale riaggiusti una partita altrimenti destinata, come poi è avvenuto, al pareggio. Non era certo il macedone l’uomo su cui puntare le ultime fiches per l’inversione di tendenza così come non poteva esserlo neppure Simeone, a cui oggi spettano cinque minuti più recupero nel quale non tocca palla, giocando nella solita condizione di gioco, alla guida dell’attacco di una squadra in confusione tattica, che nei minuti finali rinuncia anche a buttare palloni in area, preferendo giochicchiare col pallone tra i piedi quando invece qualche cross in mezzo all’area sarebbe stata un’idea più opportuna. Forse non il modo migliore di gestire questo ragazzo, che probabilmente non cambierà le sorti di questa squadra, ma che dovrebbe essere coinvolto più frequentemente, onde evitare il rischio di perderlo, soprattutto sotto il profilo mentale.

Qualche buona idea l’ha avuta invece Raspadori, preferito a Politano sull’out di destra ed essere, soprattutto nel primo tempo, uno dei più intraprendenti in casa-Napoli. E’ lui che detta la retta via da seguire ad Osimhen che porta il nigeriano a stampare il pallone sul palo; è lui che sul finale di primo tempo fa sibilare il pallone a pochi centimetri dalla porta di Skorupski. I suoi movimenti sono comunque non quelli del “tornante” alla Politano, ma da giocatore più ad ampio raggio, andando a prendersi spazi dalla metà campo fino al limite dell’area, laddove non incontra l’azione “fastidiosa” di Karlsson, che può non essere un attaccante esterno prolifico sotto il profilo dei gol ma generoso nei raddoppi di marcatura, che costringono l’ex-Sassuolo a svariare posizione. Positivo il primo tempo, anonimo il secondo, fino all’inevitabile sostituzione con Politano, che entra male in partita, prendendo subito un giallo, evitabilissimo, buttando alle ortiche un calcio di punizione, dal limite dell’area, che avrebbe giovato di un trattamento migliore. Ma Lindstrom?

Sarebbe stato curioso vedere lo svedese in campo ma nel frattempo Garcia propone Natan dall’inizio, innesto obbligato dalla simultanea assenza di Rrahmani e Juan Jesus. Inevitabile l’innesto del brasiliano che si disimpegna bene nella sua prima da titolare in maglia azzurra. Zirkzee è uno spilungone tanto alto quanto tecnico, bravo con il fisico ma agile allo stesso tempo, ma il numero tre sembra non patirne la presenza, tant ‘è che il centravanti felsineo prova a sondare il terreno dalla parti di Ostigard. Bravo a anche in fase d’impostazione, rimanendo lucido e preciso con il pallone tra i piedi e nel tenere sempre alta la linea difensiva, evitando di lasciare spazi per le veloci ripartenze del Bologna, che in Ndoye e lo stesso Zirkzee aveva interpreti molto pericolosi. Buona la prima per Natan, lieta notizia di giornata, così come l’intera linea difensiva, che almeno stasera evita i soliti svarioni che hanno condizionato le recenti uscite.

Bene Ostigard, che trova in Natan un compagno di avventura che, probabilmente gli conferisce più sicurezze, se non altro evitandogli l’incomodo di giocare il pallone con i piedi, diletto non nelle corde del norvegese, molto più a suo agio nella battaglia aerea, specie contro Zirkzee, che prova a giocare dalle sue parti, giocando sulla tecnica e sull’evidente diversità di passo, aspetti per la quale il centravanti gioca in vantaggio; quando invece la battaglia si sposta per vie aeree il centrale azzurro annulla il gap, avvinghiandosi su per il corpo di Zirkzee impedendogli di girarsi e di creare gioco, non sempre con pulizia ed eleganza, non sempre riuscendoci, ma sostanzialmente sufficiente a ridurre la pericolosità dell’attaccante, che riesce a rendersi pericoloso, in area di rigore, nei minuti finali con una bella azione personale, culminata con una legnata che trova un Meret pronto all’azione nell’unica circostanza che lo chiama in causa. Complice di una serata, almeno difensivamente, quasi tranquilla è anche la presenza rassicurante di Di Lorenzo, stasera meno coinvolto in avanti, forse preoccupato dalla presenza di Karlsson, forse per una precisa scelta tattica di evitare di lasciare Ostigard in scabrose situazioni di uno-contro-uno. Qualche difficoltà in più per Olivera, che dall’altro lato ha il pimpante Ndoye che imperversa e, fortuna vuole, che Posch, uno dei migliori elementi del Bologna lasci il campo dopo pochi minuti; per l’uruguagio, già presente sul taccuino dell’arbitro dopo il giallo rimediato a pochi minuti dall’inizio, sarebbe stata un’ulteriore complicanza gestire due avversari di così buona gamba. L’ammonizione, difatti, condiziona a tal punto da costringere Garcia al cambio già all’intervallo, in una staffetta con Mario Rui, il quale non aggiunge e non toglie nulla alla qualità del gioco del Napoli. Poca spinta per il portoghese che al suo primo pallone (perso) innesca una pericolosa ripartenza e a cui fa seguito con giocate che non lasciano il segno quando, al contrario, dal suo sinistro le aspettative di alimentare le forniture di palloni giocabili per Osimhen (e Simeone) erano alquanto alte. Missione fallita, con l’aggiunta dell’ennesimo cartellino giallo di serata.

Poichè insieme al portoghese, sul taccuino dell’arbitro Ayroldi compaiono, come detto Olivera, Politano, Kvaratshkelia e Lobotka. Anche lo slovacco si prende un sacrosanto giallo, costretto a spendere fallo su Ndoye ben lanciato verso l’area di rigore. Stasera, più che in altre partite si è vista chiaramente la metamorfosi dello slovacco , troppo fuori dal gioco anche se la sua capacità di saper stare in mezzo al campo lo rende, comunque, una presenza importante, poichè l’unico capace di applicarsi in marcature preventive, l’unico dei centrocampisti che sa accorciare sulla linea difensiva stringendo le maglie, unico che sappia cosa fare, dove e quando farlo. Non sarà il baricentro del gioco e staserà non ha giocato la sua migliore partita, anche perchè non viene messo in condizione di farlo emergere per le sue caratteristiche, ma ci mette il solito impegno a costo di calarsi nei panni del centrocampista da battaglia.

Ruolo più congeniale a Zambo Anguissa che stasera ha giocato a ritmi più alti, ed era difficile fare peggio di Genova e di Braga. Sulla tre-quarti sembra godere di una certa libertà di azione di cui ne approfitta solo a metà. La sensazione è che potrebbe fare molto di più ma si accontenta di distribuire qualche pallone qua e la per il campo ma di intuizioni davvero geniali e importanti non ce ne sono, d’altra parte non è dal camerunense che si esigono, ma almeno c’è la sensazione di una presenza fisica importante in mezzo al campo, uno scarico semplice per un compagno in difficoltà, un argine difficile da valicare per il Ferguson della situazione, di solito un’arma offensiva imprevedibile per il Bologna ma stasera limitata anche per merito di una buona prestazione del numero 99. Zielinski è il solito mistero, calciatore che entra ed esce dalla partita ad intermittenza: il tocco di palla ce l’ha ma lo utilizza, il più delle volte, a fini scolastici: le giocate davvero importanti, come il tacco a liberare Kvaratshkelia, nell’azione che porta al rigore, è un lampo di luce, ma i vuoti che lascia all’interno della partita sono molto più evidenti. Nel finale, come sempre confuso da parte degi partenopei, ci si aspetterebbe dal polacco una giocata di livello superiore che non arriva mai, considerato che, uscito Lobotka, l’unico vero uomo d’ordine potrebbe e dovrebbe essere lui. Buon ingresso per Cajuste, che cerca di rendere fruttuosi gli spiccioli di minuti che Garcia gli concede. Buon impatto per lo svedese che, pian piano sembra entrare più in sintonia con il resto della squadra.

Resta l’amaro in bocca, per una vittoria che sarebbe stata meritata e che avrebbe rappresentato una spinta emotiva importante, sulla scia di quella, seppur risicata, di Braga. La squadra ha mostrato miglioramenti su certi aspetti, in difesa e centrocampo ad esempio, meno in attacco, dove si deve, giocoforza, registrare la Osi-dipendenza, patologia di cui il Napoli era affetto anche l’anno scorso, ma abilmente nascosta dall’entusiasmo di un trionfo in campionato che faceva chiudere un occhio su quello che oggi è il difetto su cui il Napoli (e Garcia) dovranno lavorare e risolvere al più presto. Osimhen è un calciatore importante ma da cui il Napoli non deve prescindere. Anche gli altri devono assumersi qualche responsabilità in più e gravarsi del peso offensivo che il solo Osimhen non può sostenere per un’intera stagione. Ci si aspetta qualcosa in più, anzi molto di più dagli uomini di qualità a disposizione di Garcia. E lo stesso Garcia, deve essere in grado, nel momento del bisogno, di prendere decisioni importanti e far capire alla squadra che tutti sono importanti ma nessuno è indispensabile; che lo scorso campionato rappresenta il passato e che bisogna ritornare con i piedi per terra se si vuole almeno pensare di difendere il titolo con le unghie e con i denti. Il campionato è lunghissimo e non è il caso di trarre giudizi affrettati dopo cinque partite ma il Napoli sta giocando pericolosamente tutti i bonus validi per un’intera stagione. I punti di distacco dall’Inter sono già tanti, con l’aggravante di un calendario non certo insormontabile. Bisogna ragionare di partita in partita e il turno infrasettimanale alle porte contro l’Udinese è già diventata una partita con il cartello “vietato sbagliare”. Non sarà l’ultima spiaggia ma perdere altri punti per strada vorrebbe dire scucirsi almeno mezzo Scudetto dalle maglie e dopo un solo mese e mezzo di torneo, sarebbe davvero triste calare il sipario sul Napoli (fu) campione d’Italia.

 

I voti: Meret (6,5); Di Lorenzo (6); Ostigard (6,5); Natan (6,5); Olivera (5,5); Zambo Anguissa (6,5); Lobotka (6); Zielinski (5,5); Raspadori (6); Kvaratshkelia (6); Osimhen (5)

Dalla panchina: Mario Rui (5,5); Politano (4,5); Elmas (5,5); Simeone (sv); Cajuste (sv)

Il mister: Garcia (6)

 

 

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